La Cina ha deciso di rispondere ai dazi del 10% che gli Usa imporranno dal primo settembre su 300 miliardi di dollari di importazioni cinesi. Lo farà adottando nuovi dazi su 75 miliardi di dollari di importazioni statunitensi, anche sulle auto made in Usa. I dazi spazieranno dal 5 al 10% ed entreranno in vigore con la stessa tempistica di quelli americani: un primo round dal primo settembre e un secondo dal 15 dicembre (la data in cui il governo Trump ha deciso di posticipare, per salvare lo shopping natalizio, l’entrata in vigore di dazi su smartphone, laptop, monitor, giocattoli, console per videogiochi e certi capi d’abbigliamento).
Con la sua ultima mossa, la Cina di fatto ha deciso di tassare le rimanenti importazioni americane che ancora non erano oggetto di dazi. Anche questo è una conseguenza delle azioni degli Usa, che con i prossimi dazi finiranno per tassare tutti i prodotti in arrivo su suolo americano dalla Cina. La differenza è che la nazione asiatica importa meno di quanto non facciano gli Usa, di conseguenza la sua capacità di ledere Washington con le tariffe doganali è limitata. Non è un caso che Peter Navarro, il consigliere ‘falco’ della Casa Bianca, abbia detto a Fox Business che “l’ammontare di denaro che è soggetto a tassi non è tangibile in termini di crescita macro”. Secondo lui le ritorsioni cinesi “assolutamente non” rallenteranno la crescita Usa.
Il presidente Trump ha subito twittato: “Il nostro Paese ha perso stupidamente miliardi di dollari con la Cina su molti anni. Ci hanno rubato proprietà intellettuale. Non consentirò che succeda. Non abbiamo bisogno della Cina. Risponderò ai dazi della Cina nel pomeriggio”.